martedì 3 maggio 2011

Tre domande a... Luciana D'Intino

Luciana D’Intino, mezzosoprano di fama internazionale, torna al Maggio Musicale Fiorentino per interpretare Amneris, uno dei suoi ruoli d’elezione assieme al personaggio di Eboli del Don Carlo di Giuseppe Verdi.

Amneris è un personaggio fondamentale: è la rivale di Aida e appare crudele, soprattutto nella prima parte dell’opera. Eppure si ha l’impressione che nonostante ciò non possa suscitare l’antipatia del pubblico. È d’accordo? 
Amneris ha tutte le caratteristiche di una donna di potere e in realtà può anche suscitare antipatia nel pubblico. Alcuni personaggi possono apparire negativi al primo impatto. Però Amneris si riscatta, acquista una qualità che è rara visto il suo esordire, cioè la compassione che la caratterizza alla fine, questo dolore intenso che emerge per non avere potuto salvare un simbolo, l’uomo che ha salvato l’Egitto e che era anche il suo innamorato.

L’importanza e il fascino del personaggio sono dati forse anche dal fatto che Verdi ha affidato ad Amneris alcune delle pagine più belle della partitura?
Verdi amava il registro di mezzosoprano. Credo che tra i compositori che conosciamo, a parte forse Rossini che ha scritto moltissimo per i contralti – ma è un’altra cosa – e Donizetti, nessuno come Verdi ha messo in evidenza questa figura di donna a tutto tondo, ma soprattutto di donna estremamente moderna: quanto è angelicato il soprano tanto è forte, aggressivo, se si vuole anche di potere, il mezzosoprano. E ad Amneris si possono accostare gli altri miei due ruoli, Eboli del Don Carlo e Azucena de Il trovatore.

La regia di Ozpetek, il quale affronta un’opera per la prima volta, ha arricchito o trasformato la sua visione del personaggio? E più in generale, quanto è difficile adattarsi a una regia quando si domina un ruolo come lei domina quello di Amneris?
Questa produzione è estremamente classica nell’impostazione. Indubbiamente ci saranno delle magie a livello interpretativo, sonoro e dell’orchestra; cosa che succede, che deve succedere, ogni volta che un’opera debutta. E ogni volta bisogna rimettersi in gioco. Indubbiamente la personalità gioca la sua parte: se un cantante ha acquisito un certo carisma del ruolo è ovvio che dà al personaggio un’impronta indelebile; segue le indicazioni del momento senza snaturarsi. Non si smette mai di arricchire un’interpretazione, sia dal punto di vista musicale, perché si cambia sempre, sia da quello della regia; è sempre un rinnovarsi ed è questo l’aspetto bello. È come guardare un quadro: se tu lo vedi cento volte, cento volte lo guardi con un occhio diverso.

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