Era destino che Turandot di Giacomo Puccini inaugurasse il Nuovo Teatro dell’Opera di Firenze, come era stato inizialmente annunciato, e così è stato, martedì 27 novembre 2012. Ovviamente non con una mise en scène tradizionale, mancando la torre scenica, ma, nemmeno in forma di concerto, l’unica pensabile fino a qualche settimana fa, e l’unica già collaudata in più di 30 concerti sinfonici, che il Teatro del Maggio Musicale Fiorentino ha ospitato al Nuovo Teatro dell’Opera di Firenze, in meno di un anno dall’ inaugurazione, avvenuta il 21 dicembre 2011.
Non una mise en scène, ma una mise en espace, che sotto forma di produzione semi-scenica, curata nella regia da Marina Bianchi, nelle luci da Luciano Roticiani, nelle video proiezioni da Silvio Brambilla, coinvolge il pubblico, che diviene ‘popolo di Pechino’ (chiamato a raccolta dal Mandarino), osservatore della vicenda ed immerso nell’atmosfera fiabesca di una Cina lontana, evocata dalle immagini e dalle proiezioni, molte delle quali provenienti dal filmato girato a Pechino, all’interno della Città Proibita, nel 1998, quando l’Orchestra ed il Coro del Maggio Musicale Fiorentino si esibirono diretti da Zubin Mehta, nell’allestimento di Zhang Yimou.
Tutto il teatro fiorentino si trasforma in un immenso palcoscenico, e le guardie, agli ingressi in sala, sembrano sorvegliare le entrate del palazzo imperiale. I costumi sono quelli, sontuosi e ampi di Wang Yin, nell’edizione di Zhang Yimou del 1997. Sul podio Zubin Mehta, che con Turandot, chiude il Mehta Festival, a ricordare i 50 anni dal suo debutto sul podio del Maggio.
“Purtroppo Puccini è morto troppo presto; già ascoltando alcune scene della Fanciulla si può notare quanto sia stato influenzato dall’Impressionismo e molto si stava avvicinando a Schömberg;” dichiara Mehta, commentando l’ultimo capolavoro di Puccini “se non fosse morto avrebbe partecipato attivamente alla rivoluzione musicale in corso a quell’epoca. Bisogna poi ricordare quanto tutta la generazione di Puccini sia stata travolta ed influenzata da Wagner, ed è visibile nei motivi musicali, che caratterizzano i protagonisti principali e che ritornano in tutta l’opera. Turandot è stata la seconda opera pucciniana alla quale mi sono avvicinato e proprio con Turandot sento un legame molto forte. Qui la proponiamo in forma semiscenica, perché purtroppo i lavori al Teatro Comunale ci hanno impedito di mettere in scena l’allestimento di Zhang Yimou, però ci siamo dati molto da fare per renderla il più piacevole possibile per il pubblico, con le proiezioni dell’edizione di Pechino, i protagonisti in costume, e tanta attenzione per rendere partecipe il pubblico. Sicuramente sarà un’edizione interessante, che piacerà e commuoverà.”
Le architetture sonore, i temi dei diversi personaggi, in quella sorta di leitmotiv mutuato da Wagner, prendono forma, valorizzate dagli imponenti complessi artistici del Maggio, Coro e Orchestra (Maestro del Coro Piero Monti), dai Ragazzi Cantori di Firenze diretti da Marisol Carballo, dai due cast internazionali.
L’acustica del Nuovo Teatro è stata testata anche dall’opera lirica, incontrando l’entusiasmo del pubblico e della critica.
Non una mise en scène, ma una mise en espace, che sotto forma di produzione semi-scenica, curata nella regia da Marina Bianchi, nelle luci da Luciano Roticiani, nelle video proiezioni da Silvio Brambilla, coinvolge il pubblico, che diviene ‘popolo di Pechino’ (chiamato a raccolta dal Mandarino), osservatore della vicenda ed immerso nell’atmosfera fiabesca di una Cina lontana, evocata dalle immagini e dalle proiezioni, molte delle quali provenienti dal filmato girato a Pechino, all’interno della Città Proibita, nel 1998, quando l’Orchestra ed il Coro del Maggio Musicale Fiorentino si esibirono diretti da Zubin Mehta, nell’allestimento di Zhang Yimou.
Tutto il teatro fiorentino si trasforma in un immenso palcoscenico, e le guardie, agli ingressi in sala, sembrano sorvegliare le entrate del palazzo imperiale. I costumi sono quelli, sontuosi e ampi di Wang Yin, nell’edizione di Zhang Yimou del 1997. Sul podio Zubin Mehta, che con Turandot, chiude il Mehta Festival, a ricordare i 50 anni dal suo debutto sul podio del Maggio.
“Purtroppo Puccini è morto troppo presto; già ascoltando alcune scene della Fanciulla si può notare quanto sia stato influenzato dall’Impressionismo e molto si stava avvicinando a Schömberg;” dichiara Mehta, commentando l’ultimo capolavoro di Puccini “se non fosse morto avrebbe partecipato attivamente alla rivoluzione musicale in corso a quell’epoca. Bisogna poi ricordare quanto tutta la generazione di Puccini sia stata travolta ed influenzata da Wagner, ed è visibile nei motivi musicali, che caratterizzano i protagonisti principali e che ritornano in tutta l’opera. Turandot è stata la seconda opera pucciniana alla quale mi sono avvicinato e proprio con Turandot sento un legame molto forte. Qui la proponiamo in forma semiscenica, perché purtroppo i lavori al Teatro Comunale ci hanno impedito di mettere in scena l’allestimento di Zhang Yimou, però ci siamo dati molto da fare per renderla il più piacevole possibile per il pubblico, con le proiezioni dell’edizione di Pechino, i protagonisti in costume, e tanta attenzione per rendere partecipe il pubblico. Sicuramente sarà un’edizione interessante, che piacerà e commuoverà.”
Le architetture sonore, i temi dei diversi personaggi, in quella sorta di leitmotiv mutuato da Wagner, prendono forma, valorizzate dagli imponenti complessi artistici del Maggio, Coro e Orchestra (Maestro del Coro Piero Monti), dai Ragazzi Cantori di Firenze diretti da Marisol Carballo, dai due cast internazionali.
L’acustica del Nuovo Teatro è stata testata anche dall’opera lirica, incontrando l’entusiasmo del pubblico e della critica.
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