Lei sbuca dal muro spettinata, le braccia tese, le labbra spalancate in un grido muto. Sotto il suo seno, lui geme languido, gli occhi chiusi, la mano sul cuore. «Per due che si amano, tutti gli altri si ammazzano» minacciano, vergate in rosso, le parole che li attraversano. E più in basso, chiosa perentoria, «Decidi tu se te la senti». Forse non tutti guardando questo poster a tinte forti come i sentimenti che vuole evocare riconosceranno nei volti dei due personaggi quelli di Waltraud Meier e di Ian Storey, alias Isolde e Tristan nel magnifico allestimento scaligero con la direzione di Daniel Barenboim e la regia di Patrice Chéreau. Che importa? Quel messaggio non è diretto ai melomani, ma a chi magari non ha mai visto un’opera in vita sua e forse non sa neanche bene di che si tratta. Audace, irrituale, scioccante, la nuova campagna pubblicitaria della Scala diretta agli «under 30» colpisce duro. Quei poster apparsi sui giornali, sui tram, sul sito, non passano inosservati. Perfetti per attrarre lo sguardo dei più giovani. Il primo ispirato al Tristan, il secondo con una drammatica Maria Callas e la scritta «Si piange, si soffre, si muore», il terzo con una popputa signora in corsetto, il volto tra le mani e il sottotitolo: «Crudeltà, sofferenze, tradimenti». Sotto sempre lo stesso avviso perentorio: «Decidi tu se te la senti». Mai si era visto niente di simile alla Scala. Ma il teatro milanese non è il solo a muoversi in questa direzione. Anche più provocatoria la campagna del Maggio Musicale Fiorentino, sempre diretta a catturare un nuovo pubblico, possibilmente giovane. obiettivo: l’opera in barattolo. Verdi formato salsa di pomodoro. Tre titoli famosissimi proposti a ottobre nell’arco di tre settimane, in offerta speciale con slogan gastronomici. Tre scatole di latta: Rigoletto etichetta gialla: «intenso e aromatico, da gustare freddo», Trovatore etichetta rossa: «forte e piccante, da servire ben caldo », Traviata etichetta nera: «dolce e amara, da guarnire con lacrime e baci». Risultato: 26mila spettatori per 11 recite, seimila Maggio card per «under 26» vendute a 10 euro l’una. Che il merito vada al messaggio o alla popolarità delle opere, difficile stabilirlo. Fatto sta che, pur a prezzi di saldo, gli incassi hanno coperto due terzi delle spese. Un record visto che di solito si arriva intorno al 12%. Soddisfatto il sovrintendente Francesco Giambrone. «Abbiamo osato una campagna molto ironica e a quanto pare ha funzionato — gongola —. E’ arrivato un pubblico tutto diverso, facce mai viste, gente che magari applaude fuori posto, entusiasmo sopra le righe, bis richiesti a furor di popolo... I melomani storcono il naso? Sbagliano. Il melodramma è nato popolare. Se il grande pubblico si è allontanato deve esserci un errore di comunicazione, ci siamo detti. Rilanciamolo all’insegna delle passioni: l’amore, la gelosia, la vendetta ». Di concerto, la Scala confeziona un pacchetto «under 30» di tre titoli: Don Giovanni, reclamizzato come «il mito della ben nota tentazione maschile », Simon Boccanegra, «il corsaro divenuto doge, che perderà la vita appena ritrovata la figlia perduta», L’elisir d’amore, «i gonzi ci son sempre stati». Sunti senz’altro discutibili, persino irritanti nella loro banalizzazione. «Certo, la sfida è rischiosa — ammette Donatella Brunazzi, responsabile delle relazioni esterne della Scala —. Ma questo è un battage volutamente impertinente e beffardo, studiato per sfatare pregiudizi e tabù. Quali che l’opera sia difficile, noiosa, vecchia. Che entrare in un teatro lirico sia una mission impossible, preclusa ai comuni mortali, soprattutto se non danarosi. Il successo dell’anteprima del Don Carlo riservata ai giovani lo scorso 4 dicembre è stata la prima tappa per incrinare il mito dell’inaccessibilità della Scala. A quel punto ci siamo detti, la breccia è aperta, andiamo avanti». Per farlo, Stéphane Lissner, sovrintendete del teatro, da sempre promotore di una Scala non più «museale» ma viva, spalancata alle nuove generazioni, ha messo al lavoro una squadra di esperti, tra cui alcuni giovani bravissimi a muoversi con le nuove tecnologie. Il varo di una Community, i primi fans su Facebook, la messa a punto di un linguaggio nuovo, molto diretto, coinvolgente, di immagini vivide, un po’ stile musical, un po’ da film di Tarantino. Persino un video nelmetro. Con Barenboim che impugna la bacchetta come una spada, Dudamel bello e impetuoso, Callas avvolta in mantello nero... Ragazzi in vettura, benvenuti tra i sentimenti forti.
Giuseppina Manin
Corriere della Sera
2 novembre 2009
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