Nell’ambito delle celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia un posto di rilievo è riservato dal 74° Festival del Maggio Musicale Fiorentino alla riflessione sul ruolo ricoperto dal melodramma nell’epoca risorgimentale. La giornata di studi “Or sia patria il mio solo pensiero”, promossa dal Teatro del Maggio insieme agli Amici del Teatro che si terrà sabato 7 maggio al Piccolo Teatro del Comunale, dalle ore 10 alle 13 e dalle ore 15 alle 18, offre una panoramica delle principali funzioni del melodramma come specchio del contesto culturale, storico e sociale dell’Italia del Risorgimento: un genere, l’opera lirica, che fornì un contributo decisivo al processo di formazione dell’identità nazionale.
Dopo i saluti di benvenuto della Sovrintendente del Teatro del Maggio Francesca Colombo e della Presidente degli Amici del Teatro Sidsel Vivarelli Colonna, si avvicenderanno le relazioni di alcuni fra i maggiori studiosi del periodo, sia nel campo della musicologia che in quello della ricerca storica, moderati da Giovanni Vitali.
La divisione politica e linguistica che caratterizzava da secoli il nostro paese aveva infatti reso il teatro, in particolare quello musicale, fulcro della vita sociale e pubblica, dando prova di una possibile unità culturale. Al ruolo assunto dall’opera nel contesto risorgimentale, in quanto base per la formazione di una coscienza nazionale, sono dedicati l’intervento d’apertura di Lorenzo Arruga e quello di Carlotta Sorba, che privilegia gli aspetti storici e sociali del fenomeno.
Il principale compositore di questi anni è Giuseppe Verdi, figura di primo piano della vita culturale e politica ottocentesca. A partire dal successo delle prime opere che precedono di qualche anno l’ondata rivoluzionaria del 1848, i suoi lavori vengono subito identificati come incarnazione dello “spirito del tempo” e accompagnano l’infiammarsi della causa nazionale. Il verso della Giovanna d’Arco (1845) che dà il titolo alla giornata di studi, “Or sia patria il mio solo pensiero”, è solo uno dei tanti esempi che indicano come i libretti d’opera del periodo siano in gran parte incentrati su tematiche patriottiche. E all’opera in quanto “voce della patria”, che spesso ha come protagoniste figure femminili, è dedicata la relazione di Simonetta Chiappini.
Il successo dei melodrammi verdiani mostra come l’iniziale disinteresse per la vita politica da parte del compositore si fosse progressivamente trasformato nell’adesione alle idee mazziniane e repubblicane. I rapporti con uno dei principali protagonisti della vita politica coeva – nel 1848 Verdi invia a Mazzini un inno rivoluzionario composto sulle parole di Goffredo Mameli, “Suona la tromba” – sono indice dello stretto legame che intercorre tra la sfera artistica e il contesto storico, intreccio che questa giornata di studi desidera appunto sottolineare. Proprio Giuseppe Mazzini e la sua riflessione sul ruolo e l’importanza della musica sono al centro dell’intervento di Eleonora Negri. Carlo Sisi ripercorre invece le connessioni tra opera ed arti figurative, così forti in quegli anni e fonti di innumerevoli suggestioni popolari.
L’importanza di Giuseppe Verdi non può essere però confinata al solo merito di aver dato voce agli aneliti di libertà del popolo italiano di metà Ottocento. La sua produzione si estende lungo tutto il secolo, concludendosi ben oltre l’Unità d’Italia. L’evoluzione del suo stile fu in grado di rispondere sempre alle aspettative e al gusto di un pubblico anch’esso in costante evoluzione: una trasformazione che gli permise di rimanere sempre simbolo della sua epoca; non a caso, compiuta l’unificazione, Cavour lo chiamerà a far parte del primo parlamento nazionale. La sua musica era stata avvertita prima come espressione del processo di emancipazione dell’Italia dal dominio straniero e poi come incarnazione dell’identità nazionale. Per questo le celebrazioni dell’anniversario dell’Unità del paese non possono prescindere dalla figura di Verdi. E al “bardo della nazione italiana”, la cui popolarità era stata preceduta alcuni decenni prima da quella di Rossini, è dedicato l’intervento conclusivo di Philip Gossett.
Dopo i saluti di benvenuto della Sovrintendente del Teatro del Maggio Francesca Colombo e della Presidente degli Amici del Teatro Sidsel Vivarelli Colonna, si avvicenderanno le relazioni di alcuni fra i maggiori studiosi del periodo, sia nel campo della musicologia che in quello della ricerca storica, moderati da Giovanni Vitali.
La divisione politica e linguistica che caratterizzava da secoli il nostro paese aveva infatti reso il teatro, in particolare quello musicale, fulcro della vita sociale e pubblica, dando prova di una possibile unità culturale. Al ruolo assunto dall’opera nel contesto risorgimentale, in quanto base per la formazione di una coscienza nazionale, sono dedicati l’intervento d’apertura di Lorenzo Arruga e quello di Carlotta Sorba, che privilegia gli aspetti storici e sociali del fenomeno.
Il principale compositore di questi anni è Giuseppe Verdi, figura di primo piano della vita culturale e politica ottocentesca. A partire dal successo delle prime opere che precedono di qualche anno l’ondata rivoluzionaria del 1848, i suoi lavori vengono subito identificati come incarnazione dello “spirito del tempo” e accompagnano l’infiammarsi della causa nazionale. Il verso della Giovanna d’Arco (1845) che dà il titolo alla giornata di studi, “Or sia patria il mio solo pensiero”, è solo uno dei tanti esempi che indicano come i libretti d’opera del periodo siano in gran parte incentrati su tematiche patriottiche. E all’opera in quanto “voce della patria”, che spesso ha come protagoniste figure femminili, è dedicata la relazione di Simonetta Chiappini.
Il successo dei melodrammi verdiani mostra come l’iniziale disinteresse per la vita politica da parte del compositore si fosse progressivamente trasformato nell’adesione alle idee mazziniane e repubblicane. I rapporti con uno dei principali protagonisti della vita politica coeva – nel 1848 Verdi invia a Mazzini un inno rivoluzionario composto sulle parole di Goffredo Mameli, “Suona la tromba” – sono indice dello stretto legame che intercorre tra la sfera artistica e il contesto storico, intreccio che questa giornata di studi desidera appunto sottolineare. Proprio Giuseppe Mazzini e la sua riflessione sul ruolo e l’importanza della musica sono al centro dell’intervento di Eleonora Negri. Carlo Sisi ripercorre invece le connessioni tra opera ed arti figurative, così forti in quegli anni e fonti di innumerevoli suggestioni popolari.
L’importanza di Giuseppe Verdi non può essere però confinata al solo merito di aver dato voce agli aneliti di libertà del popolo italiano di metà Ottocento. La sua produzione si estende lungo tutto il secolo, concludendosi ben oltre l’Unità d’Italia. L’evoluzione del suo stile fu in grado di rispondere sempre alle aspettative e al gusto di un pubblico anch’esso in costante evoluzione: una trasformazione che gli permise di rimanere sempre simbolo della sua epoca; non a caso, compiuta l’unificazione, Cavour lo chiamerà a far parte del primo parlamento nazionale. La sua musica era stata avvertita prima come espressione del processo di emancipazione dell’Italia dal dominio straniero e poi come incarnazione dell’identità nazionale. Per questo le celebrazioni dell’anniversario dell’Unità del paese non possono prescindere dalla figura di Verdi. E al “bardo della nazione italiana”, la cui popolarità era stata preceduta alcuni decenni prima da quella di Rossini, è dedicato l’intervento conclusivo di Philip Gossett.
Per consultare il programma completo della giornata di studi, cliccare qui.
Nessun commento:
Posta un commento