Alessandro Lai ha iniziato a lavorare come assistente costumista presso la storica sartoria Tirelli di Roma dove ha incontrato i suoi maestri, Piero Tosi, Gabriella Pescucci e Maurizio Millenotti. Ha firmato i costumi di molte produzioni liriche e teatrali. Per il cinema ha lavorato con registi del calibro di Roberta Torre, Franco Zeffirelli e Francesca Archibugi ottenendo diversi riconoscimenti. Con Ferzan Ozpetek ha collaborato in occasione degli ultimi tre film, Un giorno perfetto, Saturno contro e Mine vaganti.
Quali soluzioni ha adottato per i costumi dell’Aida fiorentina?
È stata scelta una chiave più arcaica del solito, meno decorativa, più essenziale. Con Ferzan Ozpetek abbiamo fatto un discorso più legato alla scultura antica egiziana, più materica e più semplice, con una scelta cromatica in base ai gruppi ma sostanzialmente più arcaica. L’interpretazione è comunque classica, non moderna. Ovviamente mi sono anche adattato alla scenografia. Questo allestimento è molto vero, salvaguarda i rapporti tra i personaggi. Sottolinea i caratteri ma anche le categorie come quella dei sacerdoti, oltre che i protagonisti.
Quali sono i fattori (carattere dei personaggi, ambientazione, scelte registiche ecc.) che influenzano maggiormente l’ideazione dei costumi?
Innanzi tutto i cantanti lirici, che hanno delle esigenze ben precise e una fisicità da cui non bisogna prescindere: vanno aiutati, migliorati e in qualche modo alleggeriti da certa maniera. Del resto nell’opera la musica racconta talmente tanto che serve così poco in aggiunta: va rispettata e mai coperta, neanche dai costumi, deve essere ascoltata e assecondata. Anche per il costumista è una traccia fondamentale.
Lei ha già lavorato tre volte con Ferzan Ozpetek che affronta la regia di un’opera per la prima volta. Come descriverebbe l’avventura di Aida?
Ferzan è stato come sempre straordinario. Se l’è cavata benissimo fin dalle prime prove: lo osservavo e sembrava che fosse sempre stato lì. Ha seguito il suo istinto e ha fatto benissimo, il risultato è straordinario.
Quali soluzioni ha adottato per i costumi dell’Aida fiorentina?
È stata scelta una chiave più arcaica del solito, meno decorativa, più essenziale. Con Ferzan Ozpetek abbiamo fatto un discorso più legato alla scultura antica egiziana, più materica e più semplice, con una scelta cromatica in base ai gruppi ma sostanzialmente più arcaica. L’interpretazione è comunque classica, non moderna. Ovviamente mi sono anche adattato alla scenografia. Questo allestimento è molto vero, salvaguarda i rapporti tra i personaggi. Sottolinea i caratteri ma anche le categorie come quella dei sacerdoti, oltre che i protagonisti.
Quali sono i fattori (carattere dei personaggi, ambientazione, scelte registiche ecc.) che influenzano maggiormente l’ideazione dei costumi?
Innanzi tutto i cantanti lirici, che hanno delle esigenze ben precise e una fisicità da cui non bisogna prescindere: vanno aiutati, migliorati e in qualche modo alleggeriti da certa maniera. Del resto nell’opera la musica racconta talmente tanto che serve così poco in aggiunta: va rispettata e mai coperta, neanche dai costumi, deve essere ascoltata e assecondata. Anche per il costumista è una traccia fondamentale.
Lei ha già lavorato tre volte con Ferzan Ozpetek che affronta la regia di un’opera per la prima volta. Come descriverebbe l’avventura di Aida?
Ferzan è stato come sempre straordinario. Se l’è cavata benissimo fin dalle prime prove: lo osservavo e sembrava che fosse sempre stato lì. Ha seguito il suo istinto e ha fatto benissimo, il risultato è straordinario.
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