giovedì 28 aprile 2011

Tre domande a... Zubin Mehta

Zubin Mehta torna ad aprire il Maggio Musicale Fiorentino e a dirigere per la terza volta Aida a Firenze, dopo averla interpretata anche in Giappone in tournée con l’Orchestra ed il Coro del Maggio nel settembre 1996, sempre in nuovi allestimenti di forte impatto visivo. La prima volta nel 32° Maggio Musicale 1969 con la regia di Carlo Maestrini e le scene e i costumi di Enrico d’Assia; la seconda, nella Stagione Estiva 1996 per la regia di Lorenzo Mariani e scene e costumi di Raffaele Del Savio - edizione portata anche in Giappone - e l’attuale che vede impegnati con Mehta Ferzan Ozpetek, al suo debutto in una regia lirica, lo scenografo premio Oscar Dante Ferretti e il costumista Alessandro Lai. È dunque un’opera particolarmente cara, da molti anni, al grande maestro indiano che l’ha diretta in tutto il mondo e più volte registrata in disco.

Aida è un’opera che lei ha diretto molte volte a Firenze e nel mondo: quali sensazioni prova nell’accostarsi di nuovo a questo capolavoro?
Ogni volta che affronto Aida, dico ai registi che collaborano con me: io credo che il Leitmotiv di quest’opera sia il deserto. Io voglio “sentire” il deserto. L’ho chiesto anche a Ferzan Ozpetek, che è rimasto affascinato da questo mio suggerimento. Io non entro mai nei dettagli del lavoro di un regista, ma ritengo essenziale questa presenza del deserto. Nelle scenografie di Dante Ferretti si vedranno delle enormi teste, come a Nemrut in Turchia, emergere dalla sabbia e questo sarà a sua volta il filo conduttore visuale dello spettacolo. E alla fine mi piacerebbe, con un coup de théâtre, che fosse la sabbia e non la tomba a soffocare Aida e Radamès.

Aida è un’opera che ha attraversato tutta la sua carriera e che dirige da molti anni. Come è cambiata, se è cambiata nel corso del tempo, la sua interpretazione?
Non è cambiata molto in tutti questi anni. Io ho avuto la  grande fortuna di lavorare fin dall’inizio con grandi cantanti con i quali ho potuto definire da subito la mia interpretazione di Aida. Ricordo con affetto la mia prima Aida fiorentina nel 1969, Virginia Zeani, che con Shirley Verrett e Carlo Bergonzi formava il cast in quell’occasione. Purtroppo Bergonzi si ammalò a poche ore dalla prima e dovemmo cancellare la serata d’apertura del Maggio. Una vera sfortuna! Poi Bergonzi cantò, benissimo, alcune repliche dopo esser stato sostituito prima da Amedeo Zambon e poi da Flaviano Labò.
  
Maestro, cosa si aspetta da questa nuova Aida fiorentina?
Abbiamo un grande regista cinematografico, come Ozpetek, con il quale l’intesa è stata immediata, abbiamo uno scenografo formidabile come Dante Ferretti, premio Oscar e uno dei più stretti collaboratori di Martin Scorsese in tanti capolavori, abbiamo un ottimo cast: ci sono tutte le premesse per fare bene. Quello che mi aspetto, dunque, è uno spettacolo che sappia rendere al meglio tanto le grandi scene di massa quanto il sottile gioco teatrale di Verdi nella parti più intimistiche, fondendo queste due “anime” di Aida in modo convincente, così da far trasparire quell’unità profonda dell’opera che il compositore ha così genialmente raggiunto. E non è un compito facile. Ricordo di aver diretto una produzione di Aida a Londra, dove un grande regista, di cui non faccio il nome, rese benissimo il contrasto di caratteri, ma scelse per la scena del trionfo soluzioni assai discutibili...

(L'intervista completa a Zubin Mehta, a cura di Franco Manfriani, è pubblicata sul programma di sala per Aida).

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